venerdì 25 settembre 2009

Paradosso Carfagna

Quando l'ho letto pensavo fosse una bufala. Poi le notizie si sono moltiplicate, e ho dovuto constatare che era vero.
A ruota dopo l'atto di querela di Berlusconi contro i quotidiani, anche la sua fedelissima Mara Carfagna cita in giudizio il medesimo quotidiano, Repubblica, per aver riportato frasi e notizie sul suo conto. Notizie non solo recenti, ma anche risalenti a eventi passati da un anno. Caspita, ce n'è voluto di tempo per decidersi. Che abbia aiutato il precedente di Berlusconi? Perchè dopo che l'ha fatto il suo capo anche lei si sente in dovere e in diritto di? L'atto della ex-soubrette sa di livore accumulato, imputridito, a cui ora si dà sfogo perchè ci si sente forti. Forti solo perchè si è la protetta del forte di turno.
Se poi l'atto in sè lascia perplessi, le motivazioni date dall'avvocato, che interpreta, ovvio, l'opinione della ministra, sono quantomeno assurde. Dunque, il sopraddetto quotidiano sarebbe reo di aver dato notizie (notizie con linguaggio colorito che alludevano ad attività, diciamo, intime, intercorse tra la non ancora ministra e il suo padre politico e davano a intendere la disponibilità di lei a "concedersi") le quali avrebbero leso "la reputazione e la dignità di un personaggio politico con incarico istituzionale", avrebbe recato "danno" alla stima, al "carisma", alla sua credibilità pubblica e avrebbe avuto effetto negativo "sulla capacità di proselitismo" del ministro. Poichè la Carfagna avrebbe registrato un calo di gradimento nei sondaggi e avrebbe dovuto rinunciare ad alcune interviste e interventi pubblici per non dare eco alle voci. Come se il problema non fosse se i fatti in questione sono veri o meno, e i motivi per cui si fa una carriera stellare in meno di tre anni, e le perplessità che questo suscita. Il problema per la ministra è solo che non si può parlare male di chi occupa ruoli istituzionali per rispetto al ruolo. Ne deduciamo che se fosse per lei l'impunità andrebbe a tutti gli addetti ministeriali, così da tutelare la rispettabilità delle istituzioni. A quel punto, messo il bavaglio alle critiche e ai dubbi, quelle istituzioni possono essere occupate da personaggi dalla credibilità tutta da dimostrare. Che QUESTO fatto, non il parlarne o meno, rechi danno all'Italia e alla dignità degli italiani, chissenefrega. La soubrette a quel punto è ministro, e ci tiene alla parità.
In più il clima di "insulto popolare" generato da quelle notizie avrebbe arrecato un danno fisico alla bella Mara: insonnia, emicranie e perdita di peso. Poverina. Il magnate televisivo forse non le aveva detto che il ricoprire incarichi pubblici non prevede solo gli onori del potere e le riverenze dei sottoposti, ma anche la responsabilità di rendere conto pubblicamente di ciò che si è e di cosa si è fatto.
Dulcis in fundo, la motivazione più paradossale. In virtù dei danni biologici, morali e politici, la Carfagna pretende per sè quel "diritto all'oblio di cui ciascun soggetto pubblico gode". Ora, il diritto all'oblio può avere un senso nel caso dei cittadini che, riconosciuti colpevoli e dopo aver scontato la pena, possono rivendicare che non si parli più pubblicamente delle loro passate magagne. Proprio perchè la pena è stata scontata e il debito con la società è stato saldato. Ma nel caso della Carfagna, dov'è la pena? Quale conto è stato pagato, se non quello che la vede perennemente debitrice a colui al quale deve tutto, la sua posizione attuale e il suo potere? Certo, ci si potrebbe chiedere, dov'è il reato? Peccato che si è fatto di tutto anche solo per poter approfondire il caso e appurare i fatti. Anzi, con questa azione legale la Carfagna vuole vietare anche solo che se ne parli. Come se il fatto di essere ministro la ponesse al di sopra dei sospetti e la scagionasse de facto da ogni responsabilità vera o presunta. Come se la sua autorità priva di autorevolezza fosse motivo sufficiente per bandire il diritto di cronaca.
Non pretendiamo che una ex calendarista sappia che uno dei principi di uno Stato liberale e democratico degno di rispetto prevede la trasparenza dell'operato dei suoi governanti e la facoltà di controllo da parte dei governati (di cui la stampa è uno degli organi basilari), proprio in virtù del ruolo pubblico e di responsabilità dei primi. Non nutriamo la speranza che la miss comprenda che il bavaglio alla stampa da lei auspicato può evitare la diffusione di parole scritte, non dei sospetti. Ci aspetteremmo però che avesse almeno la scaltrezza, che certo non la manca, per evitare di ricoprirsi sua sponte di pena e di ridicolo. E che avesse il buon senso di capire che non è proprio il caso di prendersi così tanto sul serio. E' poi solo l'attuale favorita di Silvio Berlusconi, e Ministro per meriti non suoi.
Su, Mara: pensi davvero che questo basti per guadagnarti il riconoscimento cui il tuo ego tanto aspira?
Costanza Alpina

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