venerdì 28 novembre 2008

Siamo una Nazione?

In Italia tutto è un buon motivo per litigare, discutere, accusarsi.
E meno male che siamo in un'era post-ideologica (o almeno così si dice).
Da noi tutto diventa un ottimo pretesto per dire di no in nome di sacri motivi di principio. In nome di ideologie da cui non ci siamo mai emancipati. Forse perchè mai veramente vi abbiamo fatto i conti.
Accusare l'altro delle sue mancanze o cattive azioni è più facili che scontare le proprie, dopotutto.
Dall'intitolazione delle strade al rifiuto degli Ambrogini. Dal caso (ridicolo se non fosse deplorevole) della vigilanza Rai all'ostruzionismo sulla concessione delle cittadinanze onorarie. Tutto va bene per fare un dispetto politico, per dire "te la faccio vedere", per gridare "visto che tu...allora io...".
A volte manca il buon gusto, altre volte il pragmatismo.
Sempre più spesso manca il buon senso, e il senso del decoro.
Fa bene lo storico Christopher Duggan nel suo ultimo libro "La forza del destino. Storia dl'Italia dal 1796 a oggi" (Laterza 2008 28,00 e) a chiederci se l'Italia è davvero una Nazione. All'avvicinarsi dell'anniversario del 2011, in cui celebreremo i 150 di fondazione dell'unitario Stato italiano, c'è il rischio che ancora ci si chieda "Che cosa si celebra?" e che al nostro scomposto, iroso chiacchiericcio ancora non corrisponda una reale coscienza nazionale, ossia la consapevolezza di interessi e valori condivisi e validi indipendentemente dall'avvicendarsi di personalità e governi.
Costanza


giovedì 27 novembre 2008

mercoledì 26 novembre 2008

Niente di personale

Era il pomeriggio di una giornata di maggio.

Radiosa, luminosa, leggera.
La notizia giunse improvvisa, poco dopo le 17.
Insediamento del quarto governo Berlusconi.
Assegnazione dei ruoli e giuramento dei Ministri.
Mara Carfagna Ministro.
In posa. Radiosa, luminosa, leggera.
E l’umore si rannuvolò.
Com’era possibile?
Come poteva succedere che una giovane donna ascendesse a una delle più alte cariche politiche di un Paese democratico e repubblicano, quando fino a due anni prima animava i balletti dei programmi televisivi di intrattenimento e si era fatta conoscere per nient’altro se non alcuni scatti osé?
Confesso che non la presi bene. Lo trovai assurdo, indecoroso, ridicolo.
Ci dormii su. Ma il giorno dopo la Ministra era ancora là.
Era davvero possibile.

Ritornai ai miei lavori ma il pensiero mi punzecchiava, mi ronzava intorno.
Sentì una voce amica che mi suggerì di provare a mettere quei pensieri su carta, tanto per non tenermeli tutti ingolfati dentro.
Pensai: la solita terapia dei grafomani. Ma intanto provai.
Presi metaforicamente una penna (che al giorno d’oggi vuol dire aprire un file di word) e cominciai a scrivere.
Un tasto dopo l’altro le parole di srotolavano, i pensieri rimbalzavano, notai che gli spunti si moltiplicavano. Cominciai anche a prenderci gusto.
Il giorno dopo ricominciai da dove ero arrivata e così il giorno dopo ancora, e ancora e ancora. Fino a che mi ritrovai tra le mani un piccolo libretto.
Chi l’avrebbe mai detto.

Andai dalla mia voce amica e chiesi se lo voleva leggere. Accettò e le piacque.
Era già un buon segno.
Poi ripresi il mio cammino di studio e lavoro, il libretto riposò.
Finché l’eco arrivò in Romagna, dove il libretto trovò un editore. Discanti.
Il libretto adesso è un libro vero. Uscirà a breve, proprio in coincidenza con il compleanno della nostra Ministra (18 dicembre).
Si chiamerà:

Niente di personale contro Mara Carfagna.
Brevi considerazioni su una soubrette diventata Ministro
.


Non tema la nostra Mara. Non ci sono pettegolezzi né false insinuazioni. Né tantomeno illazioni e insulti. Solo riflessioni a voce alta su un evento che rimane scandaloso, nonostante sia vestito del suo bel sorriso.
Sulle sue possibili cause e le sue probabili conseguenze. Sul significato di una simile investitura ministeriale nell’Italia di oggi, lasciata in pasto alla legge dell’audience, all’incoltura della prepotenza e al cinismo dei dilettanti.
Sono considerazioni a voce alta che mi propongo di condividere con coloro che, come me, desiderano e sperano che un’altra politica sia possibile, e con essa anche un altro modello di femminilità.
Costanza