E' andata a raccontare a mezzo mondo che grazie a lei e alle sue leggi gli stupratori e i sospetti tali andranno diritti in carcere, senza attenutanti e temporeggiamenti, senza "se" e senza "ma"... Poi è arrivata la Consulta e ha sentenziato che non è possibile decidere il carcere a tavolino per i sospettati: perché uno ha la tutela del dubbio finché non è riconosciuto colpevole in via definitiva; perché un reato sessuale, per quanto odioso, non è un reato di mafia; perché al giudice deve essere riconosciuta la facoltà di individuare, di volta in volta e a seconda dei casi individuali, misure alternative; perché una cosa è la misura cautelare e altra cosa è la pena ...
Insomma, Mara Carfagna è stata fregata e i suoi provvedimenti hanno ricevuto un duro colpo.
Poi certo, la discussione e revisione dei regolamenti fa parte della dialettica democratica, e anche le ragioni della Consulta, se necessario, vanno fatte rientrare in questa dialettica. Però a ben vedere la Consulta si appella a quei principi che la maggioranza di cui la Carfagna si onora di far parte difende come prioritari in altri ambiti e in altri contesti. Il caso intercettazioni ad esempio, dove si afferma il diritto alla privacy come assoluto (meno assoluta è la libertà di stampa, Berlusconi dixit), o in merito al rapporto con stampa e magistratura. L'antifona è sempre la stessa: occorre salvaguardare i diritti degli indagati, sospettati e via dicendo fino al giudizio definitivo.
Un criminale sessuale è schifoso. Ma in uno stato di diritto deve avere anche lui le sue garanzie. La Ministra dovrebbe saperlo, e prima di fare proclami dovrebbe accertarsi che le sue leggi siano davvero applicabili, o almeno avviare gli iter necessari perché lo diventino.
Altrimenti è anche lei una venditrice di fumo e false promesse a chi a già subito un torto irreparabile.
Costanza Alpina
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