giovedì 10 novembre 2011

Politica vera cercasi

Mesi sono passati e sembrano anni. L'ottava potenza industriale del mondo è sotto l'attacco della speculazione. Si parla dell'Italia come della Grecia, si parla di "baratro", "default", "collasso".
Possibile che sia successo tutto così in fretta?
In realtà, non poi così in fretta.
Quello che sta accadendo in questi giorni, e che ci coglie tutti bene o male sorpresi, increduli, spaventati, è il risultato di anni di incurie, disattenzioni, valutazioni sbagliate, e spesso peggio: passi falsi, passi sbagliati, scelte miopi, omissioni.




E' tutta colpa di Berlusconi?
Certamente no.
Acquisterebbero credito anche le forze avversarie a riconoscerlo.
Eppure la regola è sempre quella: chi ha più potere ha più responsabilità, quindi più colpe.
Berlusconi, e con lui l'Italia tutta purtroppo, sta espiando in questi giorni la colpa di aver creduto che la politica fosse un affare come tutti gli altri, anzi, meno degli altri: se per svolgere un'attività, una professione, anche solo un hobby, occorre conoscerne le regole, i trucchi, le dinamiche, occorre in una parola avere una corrispondente professionalità, ci si è voluti illudere che con la politica no, fosse diverso: la politica la possono fare tutti, dalle soubrette agli imprenditori, dagli avvocati alle igieniste dentali. Basta avere dialettica e una bella presenza, charme telegenico o un parente influente. Oppure basta aver avuto successo altrove, nel costruire un impero della comunicazione ad esempio. Così Berlusconi ha conquistato l'Italia per 17 lunghissimi anni: vendendosi come l'uomo nuovo contro la vecchia politica di palazzo, il miliardario deciso a far fare fortuna anche agli italiani, l'imprenditore di genio che voleva passare alla storia passando per il cuore degli italiani.

L'incantesimo si è spezzato.
La sua "simpatia" non è bastata, l'incrollabile ottimismo neanche. Anzi, hanno contribuito a danneggiarlo. Hanno fatto che sì che, un anno dopo l'altro, non fosse più preso sul serio. Quando ci si mette poi anche la crisi economica mondiale a mordere, la sfiducia dei suoi ex colleghi impreditori, i sorrisetti di sufficienza dei patners europei (ben poco apprezzabili in quel momento ridicolo), allora succede come ieri: che ogni volta che apre bocca, la Borsa italiana precipita ancora più giù.



E' presto per fare pronostici, soprattutto su come evolveranno la confusione politica e la instabilità economica.
Ma due considerazioni già si possono fare, mi sembra:
La prima è che la difficoltà di questi giorni è una doccia fredda di sano realismo (che farebbe gongolare il grandissimo, sempre troppo inascoltato Max Weber). La politica è un mondo a sè, non interscambiabile nè sovrapponibile con altri. Guai a sottovalutarne le regole, il valore, la difficoltà. Guidare un'azienda è diverso che guidare un'istituzione, il rapporto che si ha con i dipendenti non è quello che si deve avere con i parlamentare o gli elettori. Perchè la politica non è uno spazio residuale rispetto ad altre attività, ma è ciò che le rende possibili, quelle attività. Per questo rivendica i suoi principi: tre fra tutti, 1) non parlare a vanvera; 2) pensare che tutto ciò che si fa si paga in termini di credibilità collettiva; 3) la politica è sempre un rapporto di poteri in equilibrio precario.



La seconda considerazione è uguale alla prima ma in prospettiva rovesciata. Ossia, è che questa maledettissima crisi ci fa ben sperare. Perchè dimostra che alla fine i conti tornano. Non si può andare avanti impunemente per quasi un ventennio a vendere promesse, barzellette, finte rassicurazioni e talvolta bugie. La politica non lascia conti in sospeso, non perdona, non dimentica. Perchè non scordiamoci che la situazione economica italiana, le aziende, le banche avranno sì problemi, difficoltà, debolezze ma non a quei livelli catastrofali a cui gli indici finanziari di queste ore fanno pensare. L'impennata del valore dei titoli di Stato e l'impennata al contrario della Borsa sono il riflesso di una mancanza di fiducia (degli investitori, dei cittadini, dei partner economici, del mondo) in una guida politica che stenta, che arranca, che sembra non esserci, e anche quando c'è non appare autorevole. Non abbastanza per l'ottava potenza industriale del mondo. 



Certo, l'aspetto drammatico è che il conto lo dobbiamo pagare tutti noi, non si sa ancora per quanto e a quali sacrifici. Saremo da subito più forti però se impareremo che è possibile cambiare e per farlo non serve l'uomo della provvidenza. Serve una politica realistica, lungimirante, responsabile, servono cittadini animati dal desiderio di realizzare il bene comune, servono politici che conoscono la gravità del loro compito e non se ne spaventano. Serve il coraggio di pensare in grande e al futuro. Serve la volontà di rivendicare una politica che sia all'altezza delle nostre potenzialità, dei nostri talenti, dei nostri desideri.
Della nostra amata Italia.

Costanza Alpina